Inediti

Intervista con Carlo Sperduti


Quando sono venuto a sapere che esiste Gero Mannella, cioè a dire non più di un mese fa, ho tirato un sospiro di sollievo e ho capito che non tutto è perduto.
Perché Gero Mannella è uno che incomincia un libro così: “Il fatto che Alcenero Mangallo amasse Elettra era fuor di dubbio. Non a caso il giorno in cui le dette fuoco, cospargendola di benzina e lasciando cadere nei pressi un cerino, un insopportabile groppo gli strinse la gola mozzandogli quasi il respiro. E di certo la ragione non era soltanto la nuvola di fumo che s’era levata dal corpo combusto dell’amata. Si trattava anche del nodo alla cravatta, invero soffocante…”.
Il libro è Non gettate cadaveri dal finestrino, risale al 2006 e racconta le indagini non-sense dell’ispettore Liberovici, che è la versione oulipiana e grouchesca di tanti più noti ispettori che, per quanto interessanti, hanno l’imperdonabile difetto di non essere né oulipiani né groucheschi.
Ora, vengo a sapere che l’ispettore Liberovici colpisce ancora in un libro che s’intitola Il killer dei qwerty, che verrà probabilmente stampato da Ad est dell’equatore. Non pubblicare questo libro sarebbe come pubblicarne un altro di Baricco.
A parte ciò, ho pensato che a questo Gero Mannella ho un po’ di cose da chiedere, quindi gliele ho chieste:

1) In una nostra conversazione privata hai lamentato un forte stress, congiunto alla persistenza di odiosi pregiudizi nei confronti della letteratura umoristica. Il primo è conseguenza diretta dei secondi? I secondi, messi tutti insieme, sono causa diretta dei minuti? E poi, secondo te, c’è un collegamento diretto tra la mancanza di umorismo italica e la disastrosa situazione culturale-politico-economica del paese? Se sì, quale? Se no, quale?

Sei molto gentile a farmi questa domanda. Sì, è vero, l’ho comprato da Euronics, sta ancora in garanzia. Scusa, ora ti devo lasciare…
Ehm, dimmi… ah, un’intervista? Fantastico!
Qual è la prima domanda?

2) Mi puoi anticipare qualcosa su Il killer dei qwerty? Bastano anche un paio d’euro.

Il Killer dei qwerty riparte da dove s'interruppero i Cadaveri dal Finestrino. Sono 9 casi investigativi arcani, delittuosi per lo più, lasciati all'acume e al mestiere dell'ispettore Liberovici i cui percorsi logico-deduttivi, lungi dal portarlo alla risoluzione, li imbrogliano ancora di più, li rendono criptici al parossismo. Al punto che i casi da questo tête-à-tête ne escono stressati, a un certo punto si scazzano, mandano a fanculo l'ispettore e preferiscono risolversi da soli.
Alcuni fanno finta di non essere mai stati dei casi veri e propri, ma tutt'altro, ad esempio delle ricette di cucina indiana.
Una cosa è certa: i casi investigativi e l'ispettore Liberovici non vanno d'accordo. Ma questo lui non lo sa.

3) Come definiresti, in poche parole, Liberovici?

E’ ispettore suo malgrado, un disadattato della questura. Vomita ogni volta che ad un sopralluogo vede del sangue, al punto che l’assistente Caposito ha sempre pronto il suo berretto per raccogliere la montata esofagea.
Anzi, di più. Vomita al solo sentire la parola sangu…ecco! cazzo, ora mi ha innaffiato le scarpe…
L’altra sera, per dire, ad un reading dedicato al gruppo ‘63 appena il lettore ha citato il poeta Sanguineti lui ha vomitato su una babbiona al suo fianco. Aveva un cappellino con la veletta (non l’ispettore, la babbiona).
Poi non sopporta che gli si chieda delle sue indagini, men che mai quando è accerchiato dalle reporter d’assalto delle TV, quelle che ti assediano e ti piazzano i microfoni anche nelle narici. Lui per fugarle in genere fa la mossa del maniaco: apre il trench e tira fuori una mezza erezione (che è sufficiente).
Per il resto ama le parole crociate e cerca di applicare gli stessi sillogismi che usa per la Pagina della Sfinge della Settimana Enigmistica, per risolvere i casi investigativi. Ad esempio, quando trova le lettere che la scientifica lascia sui reperti della scena del delitto, lui pensa siano dei rebus e si mette di punta a risolverli.

4) Quando scrivi badi più al cosa o al come? Ti capita di pensare anche al perché? Se sì, perché? E come?

Scrivo in genere sul treno, mentre fisso la targhetta Ne Jetez aucun object par la fenetre. Quindi la mano col pennino vaga da sola, talvolta va oltre il margine del foglio di quaderno. Non di rado atterra sulla coscia della passeggera al mio fianco, in genere una signorina dalle calze a rete.
Ho smarrito parecchie penne nelle calze a rete delle signorine al mio fianco. Lì perdo il bandolo della matassa e mi chiedo all’unisono cosa? e come?
L’ultima volta ho sforato colla penna sulle cosce molli della babbiona del vomito di Sanguineti. Aveva un cappellino con la veletta (non Sanguineti, la babbiona).

5) Se ti facessero questa domanda, tu che risponderesti?

Che è proprio quel genere di domande nelle quali s’affoga il tuo spirto naufrago e le cose che si cercano sono dei fari che si rincorrono tra i batuffoli di nebbia, e che si rendono lucciole a un più preciso intorno, e l'aspirazione a cingersi di idoli transitorii e a meditare al loro cospetto romito e straniero fino al collasso dell'alma pellegrina, altrove guida virginea quantunque impavida, ed al salvifico ritorno nelle fortezze antiche e dirute del proprio sentire, ed a spartire con esse nuovi lacerti di sorrisi ed ansimi, e a niuno poterne rivelare l'essenza riposta e segreta, anzi bearsi del solipsistico pathos del tempo presente che nondimeno nasconde il sapore dolce amaro dello smarrimento dietro le stesse coltri di nebbia di cui sopra, allora, solo allora vorrei dire in tutta sincerità che a scrivere un periodo così lungo a un certo punto perdi il filo, ti rompi il cazzo, e molli la risposta così.

6) Scegli uno o due capoversi rappresentativi de Il killer dei qwerty e trascrivili qui sotto, poi mandali a 10 amici entro 10 giorni raccomandando di fare lo stesso e di non interrompere la catena.

"A nulla erano valsi identikit e informatori, testimoni e soffiate: il criminale continuava a terrorizzare la città. Alla fine la patata bollente, dapprima palleggiata tra vari funzionari del distretto, fu scaricata sull’ispettore Liberovici."
"La mattina che, arrivato in ufficio, trovò il tubero unto poggiato sulla scrivania, accartocciato nella Pagina della Sfinge, ebbe un mezzo travaso di bile e richiamò a gran voce i colleghi del distretto, che accorsero tosto. - Chi osò? -, chiosò."
"Se la legò al dito ma nel frattempo cominciò a pensare ai machiavelli per stanare il killer dei Qwerty."
"Al primo incrocio nel corridoio della centrale qualcuno gli fece notare quella patata (ormai non più bollente) legata al suo dito. - Era una metafora, cazzo! -, esclamò allora all'indirizzo della voce narrante."

Ne ho messi 4 di capoversi, ché non c’ho tutti ‘sti amici.
Posso mandarli 10 volte alla babbiona del vomito di Sanguineti?
Se sì, mi dai l’indirizzo?

Suppergiù 2011


Chi è Carlo Sperduti

La lettura di Carlo Sperduti mi fa lo stesso effetto di quella di Daniil Charms: annichilisce. Ti fa ripensare al tuo stare qui e ora, alla cadenza della tua interazione col mondo, alle sillabe che proferisci, all'inesausta diatriba significante-significato, a quanto le parole ti rispecchiano, al fatto che potresti anche tu rispecchiarti ogni tanto, che magari t'accorgeresti che camicia e pantalone fanno a pugni, e ti si vedono i peli spuntare dalle nari. E tra l'altro ti fete l'alito. Ogni volta che incontro Carlo Sperduti porto con me il dentifricio o le Vigorsol. Son contento di conoscere un tipo che scrive come Daniil Charms. Quello morì di fame durante l'assedio di Pietroburgo, invece Carlo Sperduti è vivo e mangia il giusto.

Se uno passa dal suo sito vi si perde, pensa a tante cose, s'incanta sulle assonanze, si stupisce di ogni anacoluto, anche di sapere cosa sia un anacoluto. Poi s'accorge che camicia e pantalone fanno a pugni, fa rimbalzare il proprio alito sulla mano e cerca un dentifricio. Infine pensa che è un Daniil Charms nostrano, ma quello è morto di fame a Pietroburgo, mentre Carlo Sperduti è vivo e mangia il giusto.

Questo qua sotto per esempio è un armadillo