biografia

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Gero Mannella nasce all’ombra della reggia di Caserta nei raggianti anni '60. Negli anni '70 si sposta al sole.
Grafomane sin dalla più tenera età, nel 1972 usa il pennino per stanare un paio di termiti da una tavola sinottica.
Nei primi anni '80 si applica alla scrittura con una macchina da scrivere Olivetti Lettera 32. In realtà l’Olivetti non aveva tutte quelle lettere, anzi mancava anche di alcune vocali, al punto che per esprimerle egli era costretto a fare un giro vizioso di consonanti. Quegli equilibrismi lo accostano all’Oulipo, ai lipogrammi e tautogrammi di Perec, e più in generale all’osteoporosi.
Attratto dal gioco con le parole, dall'iperbole, dal non-sense, dalla fumisterie, dai cortocircuiti mentali, dagli incendi conseguenti, ma anche dagli estintori a norma, il suo universo narrativo si cinge di nuove parole, quali tranzenueterfeggalenbreuchtielingottenuchmannendorf, da pronunciarsi come fosse un monosillabo.

Nel 1997 è finalista al Premio Calvino col romanzo Ferendedalus, che parla di un disegnatore di identikit di ispirazione cubista in perenne conflitto col suo committente questurino, il quale non lo paga perché sostiene che i suoi identikit non servono a catturare una minchia.
Alla fine però s’addiviene ad un compromesso. Il disegnatore si converte al figurativo purchè gli identikit siano nature morte con frutta di stagione.
Durante la serata della premiazione il Mannella siede in seconda fila, proprio dietro la buonanima di Norberto Bobbio, e per tutta la serata rimane soggiogato dai suoi enormi padiglioni auricolari.
Cerca alla fine di misurarli accostandovi discretamente una penna, ma il suo gesto viene interpretato come una richiesta di intervento dal relatore sul palco, che lo invita con un “Prego!”
Il Mannella sorpreso fa scena muta, e questo gli vale la sconfitta in finale.

Attraversa un periodo di afasia nel quale si dà allo studio della tromba jazz, suonandola nell’armadio per attutire il clamore.
Ciò purtroppo non gli impedisce di alienarsi la simpatia dei condomini, che un giorno irrompono in casa celati da cappucci del ku klux klan, e liquefano lo strumento in una soluzione acida di nuova formulazione, che vale loro la candidatura al Nobel per la Chimica.
Durante la premiazione i condomini chimici rimangono soggiogati dai padiglioni auricolari di un filosofo in prima fila, e tentano misurarli accostandovi discretamente una penna. L’epilogo è immaginabile in ottemperanza alle teorie corrive sulla ciclicità delle premiazioni in un sistema di riferimento galileiano.

Ritorna alla scrittura umoristica in forma di racconti.
E' finalista al premio Massimo Troisi 2005. Ivi non trova padiglioni auricolari di filosofi, ma ugualmente non vince.
Nel 2006 pubblica Non gettate cadaveri dal finestrino, nel 2012 Il killer dei qwerty, nel 2017 Scheletri nell'armadio.


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