intervista
Incontriamo Gero Mannella in un caldo meriggio estivo.
Non è un’intervista programmata. Lo incrociamo in un vespasiano pubblico e decidiamo di fargli qualche domanda sulla sua scrittura.
Intervistatore (guardando di sbieco all’orinatoio a fianco): Gero Mannella, vero?
Gero Mannella: Uh? Ci conosciamo?
I: Sono qui per un’intervista.
GM: Qui?
I: In senso figurato.
GM: Guardi che sono concentrato. Avrei delle esigenze fisiologiche…
I: Anch’io. Faccia con comodo.
GM: Può distogliere lo sguardo dalla mia uretra, per favore?
I: Scusi, capisco…
GM: Capisce che?
I: Beh, la sua uretra…
GM: ‘mbè? Cos’ha da dire sulla mia uretra?
I: No, la prego. La rigiri dalla sua parte, ché così mi schizza!
GM: Ohibò! M’ero distratto… Mi dice cos’ha di strano la mia uretra?
I: Niente, niente. Contento lei…
GM: Mo’ m’incazzo! Ma lei è qui per un’intervista o per una visita urologica, scusi?
I: Per l’intervista…
GM: Ah, ‘mbè!
I: …anche se in verità sono un urologo. Purtroppo in questi tempi di vacche magre…
GM: Capisco.
I: Ordunque, caro Mannella, può parlarci della sua poetica?
GM: Con piacere. Dunque, io nasco…
I: Attento! Non si giri verso di me! Guardi il muro, per favore!
GM: Oh, scusi.
I: Continui, la prego.
GM: Dicevo, io nasco…
I: Può omettere i dettagli biografici? Ho la macchina in doppia fila…
GM: Faccia attenzione. Qua i vigili non gliela fanno passare liscia.
I: Lo so. Per questo ho lasciato la chiave nel cruscotto e il motore acceso.
GM: Il motore acceso?
I: Guardi il muro, la prego! Attento a quel coso…
GM: Scusi ma… il motore acceso?
I: Certo. E’ buona norma lasciare il motore acceso quando si compie una rapina.
GM: Rapina?!
I: Si, faccio il palo di professione. Sa, con le interviste e l’urologia non si campa…
GM: Si, ma…in questo momento non sta venendo meno al suo ufficio?
I: Oh, non si preoccupi! In banca c’è fila: quattro pali prima di me.
GM: A quest’ora è più che normale.
I: Mi parla delle sue storie, alfine? Ché prendo appunti…
GM: Appunti? E come fa nella sua attuale contingenza?
I: E che ci vuole? Una mano per la minzione e una per il pennarello.
GM: E dove scrive?
I: Sulle piastrelle e sui laterizi. Poi ricopio sul notes.
GM: Ingegnoso...cosa vuole che le dica sulle mie storie?
I: Per esempio da dove le è venuta la figura dell’ispettore Liberovici?
GM: Dallo studio dell’euristica, della teoria dei giochi, delle geometrie non euclidee, e dalla patafisica di Alfred Jarry.
I: Che minchia c’entra, scusi?
GM: Non esiste un percorso univoco che porta alla risoluzione di un caso investigativo, non un algoritmo lineare, ma un caleidoscopio di possibilità fuori da binari cogenti.
Liberovici esplora, inconsapevole, la periferia di questi universi potenziali.
I: Qualcuno ha scritto che lei si ispira all'Ulivò.
GM: Forse era Oulipo, deve essere un refuso. Dove l'ha letto?
I: Sull'almanacco di Frate Indovino. Posso chiederle di scrollare il suo coso dall'altro lato?
GM: Certo. Diciamo che quello dell’Oulipo è un approccio sistemico, aggregante.
Il mio tende alla disgregazione, all’atomizzazione delle molecole linguistiche, al limine del vaniloquio.
I: Starà mica sparando cazzate?
GM: Esattamente. Già ho superato il limine del vaniloquio.
I: Esiste un metodo, una disposizione mentale, per scrivere cazzate?
GM: Boh? Nel mio caso parto dal tentativo, non sempre riuscito, di disarticolare luoghi comuni linguistici e concettuali, un po’ come si fa quando si smembra un puzzle.
Per poi ricomporre il tutto accostando i tasselli secondo logiche precarie, non ortodosse, dove non si dà l’incastro perfetto.
I: Aspetti, questa è lunga...
GM: Ortodosse con due esse.
I: Comunque, se permette, è un approccio che sembra ricordare “La vita istruzioni per l’uso” di Perec.
GM: Ah, si? Ben gli sta.
I: Guardi che era un complimento.
GM: Ah, si? Ben gli sta.
I: E ora che c’entra?
GM: Ah, si? Ben gli sta.
I: Ahò, ma che le s’è incantato il disco?
GM: No, è la sindrome del copy paste. Parlo come scrivo, scrivo come parlo.
I: A me sembra piuttosto un intercalare straniante, quasi un artificio campaniliano, come quando si rivolgeva
al lettore o al personaggio nel bel mezzo dell’epos.
GM: Non posso negarlo. Del resto qualcuno ha accostato il mio nome a quello di Campanile.
I: Davvero? Aspetti un secondo, prima della menzione finisco la minzione e me lo segno.
GM: Faccia con comodo.
I: In che circostanza costui l'ha accostata a Campanile?
GM: L’altra sera, giocando a Scarabeo coi nomi. Aveva delle enne e delle elle di troppo.
I: Ma in assoluto qual è l'autore che più l'ha ispirata?
GM: Mah, forse Queneau.
I: Chenò? Si scrive col K, vero?
GM: Guardi, lasci perdere…
I: No, non se ne vada. La prego!
GM: Ho finito di pisciare. Che devo fare? Guardarla?
I: Ne sarei lusingato. Comunque mi lasci almeno finire l’articolo, o in alternativa la piscia.
GM: Ok per la seconda. Facciamo prima.
Addetto al WC: Signore, signore! E’ lei che ha scritto col pennarello sulle piastrelle?
I: Veramente…
AWC: Lo sa che è scorretto, vero?
I: Guardi, io…
AWC: Non credo Chenò si scriva così. Non si scrive col K?
I: Ah! Lo dica a lui (indicando GM). Non ne vuole sapere…
GM: Vabbuò. Io me ne vado. ‘giorno!
I: No, non se ne vada così, la prego! Mi elargisca almeno il portafogli!
GM: Portafogli? Un paio di palle!
I: Vanno bene lo stesso. In qualità di urologo…
GM: Guardi che la fila in banca è scemata.
I: Lasci perdere. Ho deciso di lavorare in proprio. La prego di largirmi il portafogli.
GM: E perché mai?
I: Sono armato.
AWC: Signori! Vi prego, non trascendiamo! Vi ho fatto una domanda!
I,GM: Ossia?
AWC: Ma Chenò si scrive col K o no?!