Inediti

Encefalite C


Fran Carneros, Shower, 2019

“L’encefalite C africana è una grave infezione batterica trasmessa dalle zanzare cavalline”, lesse Pepi Sincleux sull’ultimo numero di “Digestive’s Digest”, “ogni anno colpisce circa 10000 individui nel mondo, con un tasso di mortalità dell’80%. Unica forma di prevenzione è l’uso del preservativo nei rapporti sessuali con dette zanzare”.
Pepi Sincleux fu visibilmente scosso dalla notizia.
Di rapporti sessuali non protetti con zanzare ne aveva avuti molti, vattelapesca se fossero cavalline o meno. Come fare ad accorgersi se aveva contratto quel morbo?
E, facendo le corna l’avesse preso, cosa avrebbe fatto del resto della sua vita?
Quanto tempo quel tarlo sarebbe stato lì ad incubare sordido, a scavargli dentro fino a svuotarlo, a fare del suo corpo una scarna crisalide?
Avrebbe forse sofferto al punto da agognare il trapasso?
Un’oscura angoscia, un’irrazionale premonizione cominciò a montare, a riempirgli l’animo e i polmoni come per compensare quell’impressione di svuotamento in fieri.
Inquieto Pepi Sincleux vagolò per la camera da letto poggiandosi dove capitava: alla parete, allo specchio dell’armadio, alla porta del bagno. E da quelle diverse prospettive prese a rimirare Eleonora sommersa dalle coltri.
Il volto imperturbato, opalino e neutro come d’una ninfa da cammeo, rivelava un sonno privo di sogni.

Gli sovvenne con orrore il pensiero d’averla già infettata.
In un nonnulla materializzò su quel volto immaculato i mutamenti che l’incedere del morbo avrebbe prodotto: gote ulcerate, fronte pustolosa, occhi sprofondati, labbra livide.
“No, no!”
Cancellò con urgenza quell’immagine dalla memoria e tornò a guardarsi allo specchio.
No. Più del proprio declino gli sarebbe stato insopportabile quello di Eleonora.
Quando di notte la sfiorava, la lambiva, le suggeva ora le dita ora i lobi delle orecchie, moti subitanei che il proprio istinto e l’abbandono lascivo di lei gli dettavano, fino all’istante sublime in cui entrava in lei, ebbene in quei momenti sentiva fluire in sé la linfa calda d’un anelito alla immortalità, o in subordine un’aspettativa di vita superiore alla media riportata nel “Digestive’s Digest”.
Eleonora era l’albero del pane, il motore primo, il centro del suo perpetuo gravitare. Sarebbe impazzito al solo pensiero di lei che scontava il fio delle proprie trascorse promiscuità con stupide zanzare cavalline.

Un tarlo di maggiore consistenza (una termite probabilmente) cominciò perciò a roderlo più a fondo.
Un’analisi del suo sangue: ecco cosa s’imponeva per fugare ogni dubbio! Ovviamente a sua insaputa, per non insospettirla.
Per fortuna quello era il mestiere di Pepi Sincleux. Per lui quel fluido amaranto non aveva segreti, né gli incuteva ribrezzo.
Un prelievo notturno, silenzioso, indolore, d’una proditoria amorevolezza, per sondare il suo sangue ed allontanare l’atroce sospetto.

E così fece Pepi Sincleux. Attese paziente che Eleonora nelle mosse spontanee del sonno assumesse una posizione che gli offrisse lo spiraglio per agire.
E quando finalmente lei, dimentica e immersa nell’imo del REM, scoperse l’avambraccio dalle coltri, lui le si accostò tosto, sondò leggero una venuzza a fil di pelle, e cominciò a prelevare una modica quantità.

Purtroppo però aveva sottovalutato la leggerezza del sonno della donna, e le conseguenze della sua reazione scomposta.
Percepito infatti il subitaneo pizzicorìo all’avambraccio, Eleonora si scosse, fece una smorfia schioccando la lingua impastata, e trasse d’istinto l’altra mano dal fascio di lenzuola, per poi ammollare uno schiaffetto alla sorgente del fastidio.
Proprio in quel mentre Pepi Sincleux. avvertì quanto vano fosse stato il suo slancio, e più in generale accusò il vuoto stagno dell’esistere.

L’indomani mattina Eleonora s’avvide di quella zanzara schiacciata che le aveva impiastricciato di sangue le federe.
Non senza stizza buttò un’occhiata malevola allo zampirone che giaceva inetto nei pressi della finestra, e si ripromise di passare al fornelletto o agli ultrasuoni.
Le spoglie di Pepi Sincleux, con le ali sconnesse e le zampe contorte, ruzzolarono sullo scendiletto per lo spostamento d’aria che produsse la donna nel levarsi.

Per la cronaca, studi successivi appurarono che l’encefalite C africana non è causata dalle zanzare cavalline, bensì dai cercopitechi equatoriali che orinano ritualmente sulle noci di cocco quando incrociano per strada le zanzare cavalline.
Per questo motivo su un numero successivo di “Digestive’s Digest” si sarebbe raccomandato il rapporto sessuale protetto con dette noci di cocco.

Legenda: Pepi Sincleux è anagramma di Culex Pipiens, nome scientifico della zanzara comune. Lo scrivo quaggiù perché se lo si legge prima mi salta l'anticlimax.

Gero Mannella Copyright 2004


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