Il Golem
Brock Davis, Milk shame, 2019
C’è stato un tempo in cui l’Immondizia che ci sovrasta, e da lassù tutti ci guarda e ci giudica, era invisa alla pubblica opinione, bistrattata, isolata, perseguitata.
Si stenterà a crederlo, ma c’è stato un tempo in cui l’Immane Piramide di sacchetti non era accettata come parte vivida e pulsante della nostra vita, il suo odore lo si chiamava miasma, s’udiva ciarlare di focolai d’epidemie e fucine di ratti.
Insomma una vera e propria caccia alle streghe.
Bastava che i sacchetti mettessero il naso fuori da quel lager verde chiamato cassonetto che, apriti cielo!, subito si levavano cori di proteste, indignazioni, interpellanze, barricate.
E in quel periodo buio non mancarono nemmeno gli eccessi, le intemperanze degli integralisti, le azioni dimostrative di sedicenti comitati civici.
Avete presente il Ku-klux-klan? Si, proprio così, s’arrivò persino al Sacrificio Supremo.
Gruppi di facinorosi dalle menti obnubilate arrivarono ad appiccare il fuoco alle Piramidi di Quartiere che svettavano tra i palazzi gareggiando l’un l’altra in altezza: milioni di sacchetti emisero il loro urlo di dolore strozzato mentre le fiamme li sventravano, ne liquefacevano il pigmento, li riducevano a mesta poltiglia bruna.
Quell’olocausto tuttora sopravvive nella nostra memoria, è un monito per le future generazioni, e lo commemora il Museo ricavato dallo scellerato progetto di inceneritore, per fortuna mai completato.
Poi un bel giorno un raggio di luce cominciò ad insinuarsi nel buio stagno del pregiudizio: la Tivu, fomite inesauribile di sapienza ed educazione popolare, demiurgo forgiatore della coscienza che avanza, proferì quella sentenza: “L’immondizia è ricchezza”.
Sì, disse proprio così: “L’immondizia è ricchezza”.
Per la gente quella frase fu un’epifania, rimanemmo tutti a bocca aperta.
Illuminati dal lucore del plasma ci approssimammo allo schermo, dubitando di ciò che avevamo sentito.
Ma Lei lo disse di nuovo: “L’immondizia è ricchezza”. E lo ripeté su tutti i canali.
La Tivu aveva parlato: era la Verità.
Da allora la vita in città cambiò radicalmente.
Quelle piramidi sbilenche e variopinte cominciammo a guardarle con occhi diversi, con curiosità prima, e con rispetto poi.
E i miasmi a ben sentire non erano tali, checché! Le nostre grette nari per anni ci avevano ingannato. Fragranze inedite emanavano quei sacchetti, specie coloro che, dispersi ai lati delle piramidi, finivano con l’essere aperti da cani randagi ed ostentavano le variegate interiora: lattine di birra, bordi di pizza, pannolini, verdure appassite, ossa, lische, bucce.
La nostra Spazzatura era la nostra ricchezza, ormai lo dicevano tutti, e noi cominciammo a coccolarla, a farcene vanto, a riportare all’ovile piramidale il sacchetto disperso per strada.
E più la Tivu ripeteva la formula del Primo Dogma, più s’accresceva in noi il senso d’affiliazione, d’appartenenza, di protezione, che quei cumuli sempre più maestosi, alti ben oltre i lampioni, fino a sfiorare balconi e lucernari, ispiravano.
Al giorno d’oggi l’Immondizia è il motore primo e il termine ultimo del nostro agire. Scevra la nostra mente dai pregiudizi dei trogloditi, con devozione giorno per giorno rechiamo quale tributo al Golem del quartiere il nostro sacchetto ricolmo, e ci fermiamo qualche minuto in contemplazione della sua debordante immanenza, sentendoci così piccoli al confronto. Giusto uno slancio mistico verso il cielo che ancora s’intravede oltre la Sommità, e poi affrontiamo la nostra giornata.
La Spazzatura è opulenza ed è patrimonio di tutti, ma la natura umana è debole, si sa.
La meschinità è prerogativa dei poveri di spirito. E taluni, invece di salvaguardare il Bene Comune, preferiscono l’appannaggio per sé di briciole di ricchezza. Non è infrequente infatti assistere al penoso furto di sacchetti dalle Piramidi, fatto per lo più nottetempo da gente priva di scrupoli, spesso su commissione. Di qui il presidio dei poliziotti di quartiere: un drappello per ogni Golem, col mandato di sparare a vista sul trafugatore.
Oddìo, per onestà intellettuale e per togliermi un peso dalla coscienza vorrei sottolineare come nemmeno io sia immune dal peccato, pur in assenza di premeditazione.
Come si dice? L’occasione fa l’uomo ladro.
Insomma giorni fa di buon mattino mi ritrovo la macchina completamente sommersa da migliaia di sacchetti di Spazzatura, a causa dell’improvvido collasso del Golem di quartiere.
Ebbene nel rimuovere tutti quei sacchetti dal tetto, lo confesso, non ho resistito. Ho dato un’occhiata al circondario, nessuno mi osservava, e con gesto lesto ho imbucato quattro sacchetti nel bagagliaio.
Quattro sacchetti! Ci pensate? Da quello che dice la Tivu deve essere un bel gruzzolo.
Giuro però che non lo farò più.
Si, in fin dei conti sono felice di vivere le magnifiche sorti e progressive della società opulenta.
E quanta pena mi fa quella poraccia di mia nonna. Pensate, è morta due settimane fa sepolta dal crollo di un altro Golem, pace all’anima sua.
Lei continuava a chiamarla con spregio “monnezza” e a sostenere che puzzava (il Golem Superno la perdoni).
L’unica attenuante alla sua scelleratezza era l’essere sorda come una campana. Non aveva mai sentito con le sue orecchie la Tivu pronunziare il Verbo.
E non aveva mai provato il brivido di trovarsi in ginocchio davanti a te, o mio Golem, a riflettere sull’umana caducità.
Però che bella la sua morte, essere sommersi ed avvolti dal Tuo grembo.
Io non potrei desiderarne una migliore: saprei abbandonarmi, chiudere gli occhi, e il naufragare mi sarebbe dolce in questo mare indifferenziato di sacchetti.
Gero Mannella Copyright 2007